Storia del motore endotermico

Per invenzione del motore a combustione interna, possiamo ringraziare

i lucchesi Eugenio Barsanti e Felice Matteucci che nel 1853 dettagliarono il funzionamento e la

costruzione in documenti e brevetti depositati in diversi paesi europei

quali Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania.

Nei prototipi iniziali mancava la fase di compressione, quindi la fase di aspirazione terminava precocemente con la chiusura della valvola di aspirazione

prima che il pistone potesse raggiungere metà corsa. Al che scoccava la scintilla e la combustione spingeva il pistone per la restante corsa, approfittando

poi della riduzione di pressione per farlo risalire. Questo ciclo però era davvero poco efficiente.

Le prime applicazioni pratiche dei motori a combustione interna furono come motori marini fuoribordo: questa scelta era basata sull'impossibilità di questo motore di partire da fermi, impedimento importante per i veicoli terrestri. I motori marini, invece, non risentono di questo problema, essendo le eliche esenti da un rilevante momento di inerzia. Dopo anni di sperimentazioni, solo nel 1899 apparvero delle vere frizioni in grado di far partire un veicolo terrestre da fermo senza doverlo spingere manualmente: ciò diede l'effettivo impulso allo sviluppo dell'autovettura.



Una nota di attualità

Negli ultimi tempi si è posto sempre di più il tema dell’inquinamento ambientale. Per contrastare questo fenomeno si è provato ad utilizzare metodi alternativi ovvero motori alternativi come quello elettrico. Quella che rappresenta la più valida soluzione (che è una di quelle più in voga al momento) è l'utilizzo dell’ibrido: una via intermedia tra il motore a combustione interna e quello elettrico.